“‘O rraù ca me piace a me
m’ ‘o ffaceva sulo mammà.
A che m’aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun sogno difficultuso;
ma luvàmell”a miezo st’uso.
Sì, va buono: cumme vuò tu.
Mò ce avèssem’ appiccecà?
Tu che dice? Chest’è rraù?
E io m’a ‘o mmagno pè m’ ‘o mangià…
M’ ‘a faje dicere na parola?
Chesta è carne c’ ‘a pummarola.”
Iniziamo da questa poesia di Eduardo De Filippo per parlare della leggenda del raù napoletano, un must della cucina partenopea che inebria con il suo inconfondibile odore le strade di Napoli. Come si dice: “che domenica è senza un buon Raù? Ma sappiamo come nasce questa prelibata pietanza?
[amazon_link asins=’B06XR416XS,B01FUTHM0G,B06Y4BBNFN’ template=’ProductCarousel’ store=’uyutiuiiu-21′ marketplace=’IT’ link_id=’b497946b-0d8e-11e8-b6b5-2f41ddc1650e’]

La confraternita e il nobiluomo
La storia del ragù va fatta risalire al 1300, periodo in cui a Napoli esisteva la confraternita denominata la Congregazione o Compagnia dei Bianchi della Giustizia, la quale aveva il compito di occuparsi dei condannati a morte, di organizzare i funerali, le messe e di dare supporto alle famiglie. Questi uomini, si muovevano in giro per la città con le loro tuniche bianche, e invocando la liberazione dei prigionieri, e predicando “misericordia e pace”.
I membri della confraternita, fece sosta davanti al Palazzo dell’Imperatore di Costantinopoli (attuale Palazzo Filippo D’Angiò in Via Tribunali, il famoso porticato), che all’epoca era abitato da un uomo egoista, spietato e malvoluto da tutta la cittadinanza, che infatti faceva di tutto per evitarlo e ignorarlo.
La confraternita, che incitava alla pace e alla riappacificazione, riuscì a “convincere” il popolo a superare i propri rancori con il nobiluomo, ma quest’ultimo che astio ne aveva e anche molto, non ne volle sentire ragione. Un uomo “cattivo” che nemmeno alla vista del figlio riesce a tirare fuori la bontà che è in lui.
Sua moglie, preoccupata e dispiaciuta della situazione decise di prendere il marito per la gola, preparandogli il suo piatto preferito: i maccheroni. Al momento del pranzo però un evento “divino” e inaspettato scosse l’uomo.

Il suo piatto di maccheroni si colorò di una salsa “stretta” e rossa, dinanzi quella visione, il cuore dell’uomo si impietosì e il rancore che serbava nel suo cuore, e decise di riappacificarsi con tutti i suoi nemici e di convertirsi alla confraternita, iniziando a predicare pace e misericordia.
Sua moglie in seguito all’inaspettata decisione, preparò di nuovo i maccheroni, e anche quella volta, come per magia, divennero rossi. Ma quel misterioso intingolo aveva uno strano ed invitante profumo, molto buono ed il Signore nell’assaggiarla trovò che era veramente buona e saporita. La chiamo’ così “raù” lo stesso nome del suo bambino.
Il ragù napoletano, ha una stori secolare e la sua ricetta viene tramandata da madre a figlia. Durante i secoli la sua ricetta ha subito molte variazione, ma una cosa è certa il suo sapore resta unica e inimitabile.
Non possiamo essere certi se la leggenda sia vera, o meno, ma l’idea che questa pietanza sia frutto della Divina Provvidenza, e che quindi abbia un’origine divina, ci piace molto