Il sito archeologico di Velia rappresenta al meglio il concetto di parco archeologico: un luogo nel quale si conservano resti archeologici e che al contempo abbia una rilevanza paesaggistica e naturalistica. Le rovine della città antica, completamente immerse in una vasta area di macchia mediterranea, costituiscono uno straordinario connubio tra archeologia e natura; un luogo unico in cui le suggestioni di una storia antica si uniscono alle meraviglie del paesaggio naturale, arricchendo l’offerta turistica del Cilento costiero. Gli scavi di Velia si trovano in Contrada Piana di Velia, nel comune di Ascea, in provincia di Salerno. Una posizione centrale rispetto alle principali località turistiche del Cilento quali Palinuro, Marina di Camerota, Casal Velino e a circa 40 Km dai resti dell’altra importantissima polis della Magna Grecia: Paestum. Gli scavi archeologici di Velia rappresentano uno dei tanti gioielli del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, che con il sito archeologico di Paestum e la Certosa di Padula, sono stati inseriti nel 1998 nella world heritage list dell’Unesco.

La storia
Il parco archeologico
L’area portuale e Porta Marina Sud
Il Quartiere Meridionale
La Via di Porta Rosa
L’Acropoli
Informazioni
La Storia

L’antica città di Elea fu fondata intorno al 540 a.C. (VI secolo a.C.) da un gruppo di esuli Focei in fuga dalla Ionia (le coste dell’attuale Turchia), occupata dai Persiani. I coloni si stanziarono sulla sommità e sui fianchi di un promontorio, comprato agli Enotri, situato tra Punta Licosa e Palinuro. Il suo nome, che derivava dalla sorgente locale Hyele, è legato soprattutto alla presenza della famosa scuola filosofica eleatica, fondata da Parmenide e portata avanti dall’allievo Zenone, che ebbe grande influenza culturale nell’antichità. In età romana (fine IV a.C. – V sec. d.C.), mutato il suo nome in Velia, continuò a prosperare grazie alla felice posizione geografica, sulla costa tirrenica e al centro delle antiche rotte commerciali tra Grecia ed Etruria, che rese questa colonia della Magna Grecia molto ricca e potente. Vennero costruite ville, nuovi edifici pubblici e thermae che la resero luogo di villeggiatura e di cura per gli aristocratici romani.
Il declino giunse con il progressivo insabbiamento dei porti e la fine delle relazioni commerciali marittime che fino ad allora avevano fondato la sua ricchezza. Destinato ad un progressivo impoverimento nel Medioevo, l’abitato si spostò nella parte alta dell’Acropoli per sfuggire all’avanzamento del terreno paludoso e alle scorribande saracene. Su questa altura e sulle rovine della città antica venne fortificato un Castello a cui, in epoca Normanna, fu annessa una Torre ancora visibile oggi; tutt’intorno sorse un borgo, la cui esistenza è documentata già nel 1113 con il toponimo di Castellammare della Bruca. Dalla fine del XVII secolo l’abitato risultava deserto o abbandonato così come si perdono nelle paludi le tracce dell’antica città di Velia, riportate alla luce solo nel XX secolo.
Il Parco archeologico

Le prime notizie del sito di Velia, quando l’ubicazione stessa della città non era a tutti nota, riguardano l’area del castello ed il tratto della cinta muraria che corre lungo il crinale. Una prima sommaria descrizione di tali strutture si deve ad alcuni eruditi locali del XVIII secolo il barone Giuseppe Antonini ed il giureconsulto Francesco Maria Lancillotti. Tra il 1886 e il 1889, l’archeologo tedesco Schleuning arrivò a Velia per redigere una prima planimetria della città; anche lui, come alcuni studiosi che avevano visitato il sito in precedenza, osservando un’interruzione artificiale del terreno lungo il crinale, ipotizzò l’esistenza di un passaggio, successivamente denominata Porta Rosa. Gli Scavi di Velia iniziarono ufficialmente solo nel 1927 ad opera di Amedeo Maiuri, soprintendente alle Antichità della Campania. I primi interventi si concentrarono soprattutto sulla spianata identificata con l’Acropoli, per scavare la quale furono demolite gran parte delle strutture di epoca medievale, solo in parte documentate da foto aeree dell’epoca. Ulteriori indagini, negli anni successivi, hanno permesso di ricostruire quasi completamente la pianta dell’antica città, un’area di circa 90 ettari, che e si articola in tre distinti nuclei distribuiti sia a nord che a sud di un promontorio e uniti tra loro da un buon sistema viario: il quartiere meridionale (città greca), il quartiere settentrionale (città romana) e l’acropoli, in alto sul promontorio. L’8 marzo del 1965 fu poi scoperta “Porta Rosa”, varco di collegamento tra i due quartieri della città ma. soprattutto grande opera di ingegneria civile nell’architettura greca classica. Il suo nome non è altro che un omaggio alla moglie del suo scopritore, l’archeologo salernitano prof. Mario Napoli.
L’area portuale e Porta Marina Sud

Il percorso di visita agli scavi della città di Velia, dotato di pannelli didattici, inizia dalla parte bassa della città antica, il c.d. Quartiere meridionale, l’area più ampia della zona archeologica. Con ogni probabilità, tra il III e il IV sec. a.C., quest’area era invasa dal mare e funzionava dunque da porto della Velia fondata dai Focei. Successivamente, anche a causa di una grossa alluvione nonché del progressivo ritirarsi della linea di costa, la zona si insabbiò e pertanto venne strappata al mare con la costruzione di mura ed urbanizzata. Tutto il quartiere meridionale, è cinto da mura presenti già nel VI sec. a.C. e ristrutturate con rifacimenti e l’aggiunta di torri nel IV° secolo a.C., e che al tempo della loro costruzione originaria non distavano molto dall’antica linea di costa la quale molto probabilmente doveva corrispondere all’odierna linea ferroviaria. Un tratto di mura, infatti, poggia su quella che è stata identificata come una diga foranea dell’antico porto, una sorta di molo costruito a 50 metri dalla linea della spiaggia. Appena fuori le mura troviamo, ancora in fase di scavo, una necropoli romana di età imperiale (I-II sec. d.C.), costituita da semplici sepolture individuali, con copertura di tegole a doppio spiovente, dette “a cappuccina”, e sepolture di tipo monumentale con recinto funerario. L’ingresso vero e proprio alla città avviene, ancora oggi, da Porta Marina Sud, fiancheggiata da un tratto di mura arcaiche a doppia cortina e da una possente torre quadrangolare a difesa dell’ingresso, di cui si distinguono due diverse fasi costruttive: la prima risalente alla metà del V sec. a.C., riconoscibile dai blocchi parallelepipedi di arenaria posti nella parte bassa, la seconda, invece, databile al III sec. a.C. dall’uso di blocchi in conglomerato.
Il Quartiere Meridionale

Superata la porta si entra in città percorrendo Via di Porta Marina Sud, una larga strada lastricata, fiancheggiata da marciapiedi, ai lati della quale troviamo due insulae: l’isolato a sinistra ha un carattere abitativo e commerciale ed è costituito da almeno quattro unità abitative di età imperiale costituite da un vano centrale, con vasca per la raccolta delle acque, su cui si aprono gli altri ambienti. Svoltando a destra si prosegue verso Via del Porto che permette di osservare la tecnica adottata nel III sec. a.C. per la costruzione delle mura, detta “velina”, con un effetto policromo a scacchiera. Seguendo il percorso si arriva alla Masseria Cobellis dove è venuto alla luce un raffinato edificio di carattere pubblico di età medio-imperiale, su due livelli con un ninfeo centrale e una vasca di raccolta dell’acqua rivestite con lastre marmoree parzialmente conservate. Di fronte all’Insula I, sulla destra della Via di Porta Marina Sud, si costeggia un alto muro costruito secondo la tecnica romana dell’opus incertum che appartiene ad un grande edificio pubblico, definito Insula II, databile agli ultimi decenni del I secolo a.C. (età augustea) e costituito da una parte anteriore con scala monumentale, originariamente tutta rivestita in marmo, e triportico al centro del quale era collocato un altare di cui rimangono le basi delle colonne, e una posteriore su due livelli, di cui quello inferiore è occupato da un criptoportico, ossia un portico coperto a forma di “U”; la funzione di questo imponente complesso non è ancora del tutto chiara ed è stato interpretato come palestra, sede della scuola medica Eleatica o come un sacello del culto imperiale visto il ritrovamento di numerose erme e statue dedicate a medici locali e di teste ritratto della famiglia imperiale. Tornati indietro sulla strada perpendicolare alla via di Porta Marina, si giunge ad un pozzo sacro (III sec. a.C.), profondo circa 6 metri, forse dedicato ad Ermes come fanno pensare le lettere greche Η Ρ (eta – rho) incise su uno sperone roccioso.
La Via di Porta Rosa

Imboccando Via di Porta Rosa, l’arteria principale della città che collega il Quartiere Meridionale a quello Settentrionale, il primo edificio che si incontra sono le Terme Adrianee, di età imperiale (II sec. d.C.), al cui interno sono visibili vari ambienti del Laconicum, con un impianto di tubi in terracotta alle pareti che convogliavano aria calda, e la sala del frigidarium per i bagni freschi, decorata da uno splendido pavimento a mosaico con tessere in bianco e nere che raffigurano animali marini. Più avanti sulla destra troviamo, invece, l’agorà più di recente interpretata come un santuario dedicato al culto di Asclepio, Dio della medicina (Asklepieion); si tratta di un grande complesso che si distribuisce su almeno tre livelli di cui quello inferiore presenta un ampio corpo rettangolare, circondato su tre lati da un porticato e decorato all’ingresso con una fontana monumentale e con alle spalle un canale di pietra che serviva a convogliare e distribuire l’acqua della sorgente Hyele che troviamo più in alto, dove in età ellenistica viene costruito un complesso termale di cui si conservano l’apodyterium (spogliatoio), un ambiente riscaldato (calidarium) in cui sono visibili i sistemi di conduzione del vapore, un’ampia vasca di forma rettangolare per il bagno caldo e un vano con piccole vasche di terracotta, appoggiate alle pareti, destinate al bagno individuale in posizione seduta. Riprendendo la via, si giunge così al maestoso arco di Porta Rosa, il monumento più significativo dell’intero sito archeologico; databile IV sec. a.C., costituisce in realtà una grande opera di ingegneria civile nonché uno splendido e ben conservato esempio di utilizzo dell’arco a tutto sesto, una tecnica tipicamente romana (sono un esempio gli acquedotti) ma praticamente sconosciuta ai Greci, che crearono questo arco artificiale in pietra arenaria sfruttando la gola naturale formata dalle colline per consentire il passaggio dal Quartiere Meridionale al quello Settentrionale, ancora inesplorato. La porta è preceduta dai resti dei cardini e dei battenti di una porta preesistente facente parte del sistema difensivo arcaico.
L’Acropoli

Ridiscendendo per la Via di Porta Rosa, a mezza costa si imbocca sulla destra il sentiero che sale verso il promontorio dell’Acropoli; lungo la strada sono visibili i resti dell’abitato più antico di Velia (VI sec. a.C.) che formavano un altro quartiere: il Quartiere Occidentale, ancora in buona parte da mettere in luce. L’area venne abbandonata e deliberatamente coperta e livellata intorno al V sec.a.C. per creare una nuova sistemazione dell’Acropoli e permettere la costruzione di nuovi edifici pubblici e privati. Tra questi, ancora in fase di scavo, vi è la “Casa degli affreschi”, un edificio di circa 400 mq risalente ai primi decenni del II sec. a.C., chiamato così per le splendide decorazioni che la caratterizzano nel suo interno. Nella parte più alta del promontorio ritroviamo i resti dell’Acropoli costituiti da: un Teatro, rifacimento di età romana sulla preesistente struttura ellenistica del IV-III sec. a.C., che ancora oggi, ad agosto, ospita rappresentazioni dei classici del teatro greco e latino, nell’ambito del festival “Velia Teatro”, giunto ormai alla sua XIX edizione; i resti di vari edifici religiosi; un grande Tempio Ionico (V sec. a.C.), forse dedicato al culto di Athena, i cui resti (il basamento e parte della cella) sono stati inglobati nelle strutture della fortificazione medievale. Il castello (dell’XI-XII secolo), affiancato dalla Torre Angioina (XIII sec.) a base circolare, fu costruito in gran parte utilizzando pietre e mattoni recuperati dai monumenti più antichi della città. Del borgo sviluppatosi al di fuori, rimangono tracce evidenti nei resti di mura, cisterne scavate nella roccia e due chiese, la Cappella Palatina, una chiesetta del XII secolo dedicata a San Quirino, e la settecentesca Chiesa di S. Maria di Portosalvo, entrambe adibite a sedi espositive: nella prima è esposto materiale archeologico che documenta la storia della città dalla fondazione (540 a.C.) all’epoca classica; nella seconda e nell’annessa canonica invece trova posto una selezione di reperti provenienti da scavi nel territorio che illustra la fase ellenistica e la fase romana della città. Dall’Acropoli seguendo il percorso del Crinale degli Dei, in direzione est, ci si incammina verso alcuni piazzali sacri costeggiati dalla cinta muraria della città; un primo spiazzo scoperto con un porticato su tre lati, databile verosimilmente al IV sec. a. C., è il cosiddetto Tempio di Poseidon Asphaleios, come testimoniano i resti di un altare in pietra e di una stele iscritta con dedica alla divinità; valicata Porta Rosa, seguendo un inusuale percorso che la sormonta, si raggiunge un’altra terrazza, più ridotta della precedente: i resti di un tempietto testimoniano la destinazione sacra dell’area, forse dedicata a Zeus (Santuario di Zeus). A circa 300 metri, continuando a seguire le mura che incorporano numerosi torri, si giunge al Castelluccio, una poderosa fortificazione quadrata, estremo punto difensivo dell’antica Velia a raccordo tra le mura settentrionali e quelle che scendono verso sud, e raggiungevano il mare.
Informazioni
Come si raggiungono. In auto: Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, uscita Battipaglia, proseguire per la SS 18, in direzione Casalvelino/Castelnuovo Cilento/Pisciotta, prendere l’uscita Vallo Scalo, seguire direzione Ascea; In treno: un servizio di bus permette di raggiungere gli scavi dalla stazione ferroviaria di Ascea sulla Linea Roma-Reggio Calabria
Orari. Gli scavi sono visitabili tutti i giorni, dalle 9:00 del mattino fino ad un’ora prima del tramonto (la biglietteria chiude un’ora prima). Chiuso: il 25 dicembre, il 1° gennaio e il 1° maggio.
Ingresso. Biglietto ordinario parco archeologico Elea-Velia: Intero € 3,00 e ridotto € 1,50 (i cittadini UE di età compresa tra i 18 e i 24 anni nonché i docenti di ruolo); Biglietto cumulativo Paestum/Elea-Velia: valido 3 gg. € 8,00 intero/ € 4,00 ridotto. L’ingresso è gratuito per i cittadini di età inferiore ai 18 anni presentando un documento di identità. Servizio guide e acquisto dei biglietti online ()
Servizi. In prossimità dell’ingresso si trova un ampio parcheggio gratuito non custodito e un gruppo di edifici destinati a biglietteria, esposizione, ristoro, servizi igienici e vendita di souvenirs.
Contatti. Pro Loco (Ascea): tel. 0974-972230; Soprintendenza Archeologica (Ascea): tel. 0974-972134/396; Ufficio informazioni turistiche (Ascea): tel. 0974-972230; Biglietteria Scavi: 0974-9723396/ 0974-271016