Carnevale a Napoli: tra graffè e Pulcinella

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Graffe
Graffe

Quando si parla di Carnevale a Napoli ci vengono in mente due cose: Pulcinella e…le graffe.

Il primo rappresenta il colore e il calore del popolo partenopeo, le secondo il gusto.

Pulcinella

Quando i sovrani Borboni vollero istituzionalizzare il Carnevale popolare, che si festeggiava all’interno dei palazzi nobiliari ed era esclusiva dei “ricchi”, il popolo partenopeo, attirato da questa caratteristica festa, non si fece scappare l’occasione di emulare i padroni e di lasciar spazio alla fantasia e alla trasgressione.

Il volto di Napoli, il naso adunco, gli zigomi sporgenti, il cappello bianco. Pulcinella incarna , l’esuberanza, la furbizia e la pigrizia del popolo Partenopeo, sempre affamato come affamati erano i poveri del tempo. Personaggio molto noto anche nelle corti nell’epoca. Sempre in mezzo ai guai, vessato dal padrone ma sempre dalla parte del popolo.

pulcinella
Guarattelle. Pulcinella

 In un periodo di “festa”, ovviamente dove includere il cibo. 

Le graffe

Come si legge sul sito di Lorenzo Vinci: “La leggenda narra che una cuoca di nome Cecila Krapf, alla corte degli Asburgo a Vienna, gettò un pezzo di impasto per sbaglio nell’olio bollente. Quel giorno nacquero i krapfen che si diffusero per tutta l’Italia Settentrionale a seguito del dominio austriaco. Verso la metà del ‘700, il dominio asburgico si estese fino a Napoli. Anche se durò poco, esso fece in modo di lasciare alla città partenopea la ricetta dei krapfen. I napoletani fecero tesoro di essa dando vita alle graffe il cui nome deriva proprio dal dolce austriaco.”